Risposta a Gramellini sulle favole. Quel che dice è falso, ecco perché...

Questa mattina aprendo la home di facebook come d’abitudine mi sono imbattuta in un articolo di Massimo Gramellini che parla di un’inchiesta della rivista letteraria “The Atlantic”:  “giunta alla conclusione che in quest’epoca di ansie assortite e lettori bisognosi di cure affabulatorie, soltanto gli inglesi siano ancora capaci di popolare l’immaginario dei bambini di ogni nazione ed età. Vado avanti nella lettura: “ E gli italiani? Avendo copiato gli americani praticamente in tutto, non potevamo che seguirli anche in questa strage della fantasia immolata sull’altare della cosiddetta realtà. Pinocchio è un gigante della narrativa universale, eppure fu ignorato per un certo periodo persino dai suoi contemporanei” e ancora: “Ma non ha lasciato eredi. Oggi si scrivono favole anche molto poetiche, intasate soprattutto di animali che parlano e ragionano come gli umani, ma manca la magia della spiritualità che in un Paese cattolico come il nostro viene ancora associata esclusivamente alla religione”.  Così, respiro profondamente e lascio fluire quel che sento, ho come l’impressione che ci si sia dimenticati di un gran numero di autori italiani, riconosciuti a loro volta nel mondo per l’originalità e la profondità dei loro racconti, penso ai più famosi come Calvino, Pirandello o il più popolare Gianni Rodari. E penso agli autori invisibili, e alle fiabe lette create da bambini e adulti che affollano centinaia di meravigliosi siti internet italiani. Non è vero che la fantasia e la creatività italiane sono morte o che Collodi non abbia eredi, vero è che questi autori sono sconosciuti, sconosciuti alla massa e probabilmente anche allo stesso Gramellini vista la difficoltà non solo di venir pubblicati nel nostro paese, ma di essere distribuiti e recensiti per via del dominio del grande colosso editoriale italiano che sceglie e veicola gli interessi del lettore medio. In quest’epoca nella quale è così difficile per un artista emergere grazie solo alla sua creatività, oggi, e parlo per esperienza diretta, non ti basta scrivere un libro, devi essere presente sui social, devi creare una rete, e seguire tutto un insieme di regole imposte per potere vendere qualche migliaio di copie. Perché? Perché anche nel settore dell’editoria difficilmente si va avanti grazie alla meritocrazia, anche in questo settore, un’autrice emergente come me riceve proposte di dubbia moralità, chi riconosce il tuo talento solitamente pensa a come sfruttarlo al meglio. Mi è stato chiesto di modificare i miei contenuti, di cambiare il mio aspetto, non mi sono mai piegata, e vado avanti per la mia strada, ho trovato un editore che crede in me per quel che scrivo e per come sono ma non tutti hanno avuto la stessa fortuna. Tanti giovani sperano di emergere grazie a qualche concorso, senza sapere che la maggior parte di quei concorsi sono pilotati dal solito colosso editoriale, lo stesso vale per la stampa, mi è stato detto da giornalisti di importanti quotidiani che hanno adorato il mio libro che non possono scriverne perché non è in linea con la politica del giornale. Vado avanti comunque, i miei lettori aumentano e la storia che ho scritto, ricca di spiritualità e fantasia coinvolge grandi e piccini, non mi preoccupo, so che farà il suo corso perché ciò che è bello alla fine vince sempre, e lo stesso vale per tanti bei racconti di altri autori che ho avuto modo di leggere tramite internet. Quel che voglio dire al Signor Gramellini è che la fantasia non è morta qui in Italia, anzi è viva più che mai e che forse è giunta l’ora di aprire la porta a chi crea bellezza e veicola messaggi importanti, e di avere il coraggio di schierarsi dalla parte dell’arte una volta per tutte.
Grazie


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